"La gioia di amare
e far amare Gesù"
Madre Clotilde
Clotilde Verno nacque a Scopa (frazione Salterana), l’8 dicembre 1851 (festa dell’Immacolata). Fu battezzata l’undici di dicembre. Suo padre era Pietro Verno (morto nel 1872) e sua madre era Maria Viotti (morta nel 1878). Era la quarta di cinque fratelli: Rosa, Agnese, Teodora, Clotilde, Leopoldo.
La vita di Clotilde Verno è incorniciata nella Valsesia, diocesi di Novara. Più precisamente nel comune di Scopa, che contava circa 500 abitanti nella seconda metà dell’Ottocento.
Un fatto della sua infanzia… Aveva 4 anni. Sua madre raccoglieva legna in riva al fiume, mentre la bambina giocava nel prato tra i fiori. Le acque del fiume Sesia erano aumentate, ma lei lo attraversò su alcune assi. In questo viaggio provò timore e invocò la Vergine (ricordando l’oratorio di Otra, in Scopa, dedicato alla Vergine delle Nevi); Pregò l’Ave e invocò Maria: “Madonna, aiutami”. Non appena ha attraversato il fiume, è riuscita a tornare a casa. Per tutta la sua vita si ricorderà sempre di celebrare il giorno della festa della Madonna della Neve (5 agosto).
Ricorda dettagliatamente le premure della madre affinché acquistasse una buona educazione religiosa fin dalla prima infanzia… Negli appunti autobiografici ricorda che si dedicò alla carità e collaborò al culto delle chiese “perché mi pareva di far piacere a Gesù”. Ha anche incoraggiato le sue amiche a prepararsi per la celebrazione del Corpus Domini raccogliendo fiori nei campi. Lei stessa afferma: “Riunivo le figliole per animarle a far bene”.
All’età di 13 anni fece voto di castità, con il permesso del suo confessore (don Julio Neri), scoprendo una nuova gioia: “La gioia ch’io provai la sento ancora e la proverò sino alla morte… La mia vita doveva essere felice”.
Era già un’insegnante qualificata all’età di 15 anni. Insegnò per cinque anni prima a Verzimo (1868-1872) e poi a Scopa (dal 1872 al 1911). Nel 1911 ricevette dal re Vittorio Emanuele il diploma di lode e la medaglia d’oro.
Durante i suoi oltre quaranta anni di insegnamento si distinse per responsabilità, dolcezza e carità; Il suo stesso insegnamento era già apostolato… I discepoli e le amiche la videro molte volte davanti al tabernacolo. Si distinse per la sua carità verso i poveri… Lei stessa afferma: “godeva di sollevar i poverelli”.
Quando, nel 1872, don Alfonso Chiara arrivò come parroco di Scopa, la guidò spiritualmente. Espone a don Chiara il suo desiderio di essere religiosa e missionaria. Don Chiara indicò la Valsesia come campo di missione e di consacrazione: avviare in parrocchia un gruppo di persone consacrate all’apostolato. Nel discernimento seguiva sempre i segni della volontà di Dio. Così disse a don Chiara: “Se questa è la volontà del Signore, volentieri obbedisco, Egli m’aiuterà”. Il primo laboratorio o scuola di lavoro femminile fu organizzato nel 1874, accanto alla scuola e all’ospedale. Non sono mancate prove e contraddizioni.
Nel 1894 fu provvidenziale la visita pastorale alla parrocchia di Scopa, compiuta dal vescovo di Novara, Mons. Eduardo Pulciano nell’ano 1894. Clotilde Verno (con la cugina Estella) va a trovarlo. Lei stessa da relazione di quel colloquio: “Ci accolse come un vero padre, dicendoci che formassimo in Valle la Compagnia di Sant’Angela Merici”… Annota ancora che disse loro: “Vivete in comunità e vi daremo Regole adatte per l’interno; e vi occuperete della Compagnia esterna riunendo le buone giovani che desiderano appartenervi”. Ben presto venne aperta la prima casa filiale a Carpignano, dove don Alfonso Chiara era parroco.
Ebbero enormi difficoltà a trovare casa a Scopa, a causa dell’opposizione di parenti e massoni. Si tentò anche l’acquisto di una casa accanto al santuario del Sacro Monte di Varallo. Questo Santuario dedicato alla Vergine Assunta sarà molto significativo per il futuro della nascente Congregazione.
La casa attigua al santuario venne inaugurata il 5 agosto 1907 (festa della Madonna della Neve), in un clima di povertà e di gioia, quando la ricostruzione non era ancora terminata. M. Clotilde le avrebbe accompagnate durante le vacanze, poiché durante il periodo scolastico doveva abitare a Scopa. La povertà era la nota distintiva, perché lì mancava tutto. Lo spazio era troppo piccolo.
In mezzo a queste difficoltà, non mancò la visita del Vescovo di Novara (Mons. Gentile), che disse alla Fondatrice: “Signora Maestra, si faccia animo a lavorare per le anime… il seme gettato marcirà nella terra e a suo tempo nascerà e diverrà un albero robusto».
Le difficoltà durarono molti anni, anche a causa della Prima Guerra Mondiale (1915-1918) e del dopoguerra. Nella ricostruzione della casa collaborarono spesso le stesse suore portando il materiale in montagna. Per saldare i debiti e far fronte alle nuove spese, nel luglio 1923 la fondatrice fu costretta a vendere la casa che aveva a Scopa (frazione Salterana), ereditata dalla sorella Agnese.
Trascorreva lunghe ore della notte davanti al Tabernacolo. Non aveva niente per scaldarsi nel suo ufficio e qualche volta doveva scendere in cucina per scaldarsi le dita intorpidite. Mostrò grande carità verso gli ammalati, i poveri e le ragazze orfane, nonché verso le suore malate, delle quali si prendeva cura lei stessa.
M. Clotilde, in mancanza di medicinali, forniva erbe medicinali e guariva più con l’affetto con cui le serviva che con i rimedi. La sua gentilezza verso le sue sorelle era nota. Ma lei ha detto: “Questa croce che portiamo sul petto è segno di rinuncia a tutto”.
Insegnò sempre il catechismo con mirabile pedagogia. Si prendeva cura dei malati e dei poveri. Diffuse la devozione al Sacro Cuore di Gesù presente nell’Eucaristia. “Far piacere a Gesù” era il suo motto apostolico.
Un comunicato del 9 maggio 1925, già in punto di morte, sintetizza il carisma specifico dell’Istituto: “Le mie figlie devono essere il sostegno dei Sacerdoti e la guida alla gioventù, questo è lo scopo della loro vocazione” (Memorie, durante malattia).
L’anno della sua morte (1925) si sentì molto male… Il suo braccio destro aveva forti tremori. Il 27 aprile 1925 ebbe un violento attacco di apoplessia, seguito da un’embolia cerebrale… Durante i forti dolori della malattia, guardava il crocifisso.
Si comunicò quotidianamente e poté ricevere l’indulgenza dell’anno giubilare (1925). Nei suoi ultimi giorni disse: “Sono contenta di soffrire, voglio soffrire tutto per il Clero e per la gioventù, soprattutto per la nostra cara gioventù Valsesiana” (Memorie, Suor Margherita Castellani).
Morì il 7 giugno 1925. Nel 1953 le spoglie mortali del Fondatore, che si trovavano nella tomba della famiglia Cosotti, si trasportarono nella tomba dell’Istituto nel cimitero di Varallo.
Aveva vissuto come amante di Cristo presente nell’Eucaristia. La sua vita aveva senso solo se si dedicava ad amare il Signore e a farlo amare da tutti.
(J. Esquerda Bifet)
STUDI E DOCUMENTI
- E. M. GENTILI S.I., (Un angelo del sacerdozio, Imp. Domodossola, 1958. Un ángel del sacerdocio, Madrid, 1996)
- J. ESQUERDA BIFET, La gioia feconda della speranza. Madre Clotilde Verno (Roma, 2000) (El gozo fecundo de la esperanza. Madre Clotilde Verno)
- Documenti inediti (archivio): Memorie e testimonianze, Lettere, ecc.
